Con l’introduzione del decreto legislativo 13 settembre 2024, n. 136, meglio noto come “decreto correttivo ter”, il legislatore apporta significativi cambiamenti alla composizione negoziata della crisi. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre, il decreto estende ulteriormente l’applicazione di questo strumento, inizialmente introdotto con il Codice della crisi d’impresa (Dlgs 12 gennaio 2019, n. 14) e rafforzato dal decreto legge n. 118 del 2021, per agevolare la gestione delle situazioni di crisi e prevenire il fallimento attraverso una negoziazione assistita e non giurisdizionale.
Presupposti di accesso alla procedura
Una delle principali innovazioni riguarda la definizione delle condizioni di accesso alla composizione negoziata. Rispetto alla formulazione originale, che prevedeva il ricorso alla composizione in caso di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario”, il decreto correttivo amplia i presupposti includendo esplicitamente le condizioni di crisi e insolvenza. Questa scelta apre nuove possibilità, ma solleva anche dubbi: l’ampliamento dei presupposti potrebbe creare una sovrapposizione tra la procedura negoziale e quelle concorsuali, rischiando di confondere imprenditori e creditori e di far emergere conflitti d’interesse. D’altra parte, tale estensione conferisce maggiore rilevanza al ruolo dell’esperto, avvicinandolo a quello di figure come il liquidatore o il curatore fallimentare.
L’esperto: da consulente a conciliatore
Il ruolo dell’esperto, pur rimanendo incentrato sulla funzione di facilitatore delle trattative tra imprenditore e creditori, è stato ridefinito per rispondere a criteri di maggiore professionalità e trasparenza. L’esperto viene affiancato all’imprenditore, non solo per verificarne le proposte di risanamento, ma anche per assicurarne la sostenibilità e coerenza economica. Il decreto introduce inoltre l’obbligo di aggiornare il curriculum dell’esperto, specificando le procedure seguite e i risultati ottenuti, con l’obiettivo di garantire una maggiore trasparenza e affidabilità della figura. L’intento è chiaro: valorizzare l’imprenditore come protagonista della procedura e l’esperto come guida esperta e neutrale, dotato di un ruolo chiave, ma privo delle responsabilità tipiche del curatore fallimentare.
Coinvolgimento dell’esperto dopo la conclusione della procedura
Ulteriori cambiamenti riguardano i doveri dell’esperto dopo la conclusione dell’accordo di composizione. Contrariamente al divieto vigente di instaurare rapporti professionali con l’imprenditore nei due anni successivi alla procedura (ex articolo 16, comma 1, del Codice della crisi), il decreto consente una deroga in caso di trattative complesse che richiedano una supervisione continuativa anche dopo la chiusura formale della composizione. In questi casi, l’esperto potrà continuare a supportare l’impresa per assicurare l’attuazione del piano, intervenendo qualora fosse necessario perfezionare accordi di ristrutturazione o procedere con ulteriori trattative.
Valutazione del piano di risanamento: nuovi obblighi per l’esperto
Un’altra importante innovazione è rappresentata dall’obbligo di valutazione della fattibilità del piano di risanamento. L’introduzione del comma 2-bis nell’articolo 16 del Codice della crisi impone all’esperto di rendicontare le attività svolte e programmate mediante pareri periodici. Questa disposizione mira a garantire che l’esperto si mantenga attivo e critico, contribuendo al successo della procedura attraverso analisi puntuali e sostenibili. È una misura che, da un lato, responsabilizza ulteriormente l’esperto e, dall’altro, fornisce all’imprenditore e ai creditori un quadro trasparente e solido sull’effettiva fattibilità del piano di risanamento.
Conclusioni
Il decreto correttivo ter si configura come un intervento che potenzia la procedura di composizione negoziata, rendendola più adattabile alle diverse esigenze delle imprese in crisi. Le modifiche confermano l’approccio del legislatore volto a responsabilizzare l’imprenditore, senza trascurare il supporto essenziale dell’esperto, ora più professionale e proattivo. L’obiettivo finale è favorire un percorso di risanamento che sia realmente percorribile e meno gravoso per tutte le parti in causa, restituendo così fiducia a uno strumento che si propone come un pilastro della gestione preventiva delle crisi aziendali.
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