Per anni il compenso dei revisori degli enti locali è stato un argomento chiuso: definito al momento della nomina e immutabile fino al termine del triennio. Questa regola, consolidata da interpretazioni ministeriali e giurisprudenza contabile, mirava a evitare qualsiasi influenza sull’indipendenza dell’organo di controllo e a garantire la stabilità dei bilanci comunali.
Oggi, però, lo scenario è cambiato. Le responsabilità del revisore sono cresciute, la normativa si è fatta più articolata e la complessità gestionale degli enti locali è aumentata sensibilmente. Di fronte a tali trasformazioni, mantenere fermi i compensi definiti sette anni fa dal D.M. 21 dicembre 2018 appare sempre meno coerente con la realtà operativa.
In questo contesto, la delibera n. 156/2025 della Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Lombardia segna una possibile svolta interpretativa. Secondo i giudici contabili, gli enti possono rivedere i compensi dei revisori anche durante il mandato, purché siano rispettate alcune condizioni: il nuovo importo non deve superare i limiti previsti dal decreto ministeriale vigente, non può avere effetti retroattivi e deve essere motivato da una delibera consiliare che attesti la sostenibilità della spesa.
Si tratta di un orientamento che introduce una flessibilità finora negata, pur mantenendo saldi i principi di prudenza e indipendenza. L’apertura della Corte lombarda rappresenta, in sostanza, un riconoscimento implicito del fatto che il quadro economico e normativo in cui operano i revisori non può restare congelato per l’intera durata dell’incarico.
Dal punto di vista operativo, la rideterminazione del compenso dovrà essere adeguatamente giustificata: è opportuno che l’ente accompagni la delibera con una relazione illustrativa che evidenzi i motivi dell’adeguamento (ad esempio l’aumento delle funzioni di controllo, le nuove verifiche imposte dalla normativa sulla finanza locale o gli oneri legati alle procedure digitali). La trasparenza del processo decisionale e il rispetto dei vincoli finanziari sono elementi chiave per evitare contestazioni future.
La questione economica si intreccia inevitabilmente con il tema dell’equo compenso. La legge n. 49/2023, che mira a garantire compensi proporzionati alla prestazione professionale, non menziona i revisori degli enti locali, lasciandoli di fatto esclusi da un principio di tutela che oggi riguarda altre categorie professionali. È un’assenza che pesa, perché il revisore locale svolge un’attività di responsabilità pubblica, spesso in condizioni di complessità e rischio personale non trascurabili.
Proprio per questo, l’Ancrel – l’associazione nazionale dei revisori degli enti locali – propone due interventi concreti: aggiornare con urgenza il D.M. 21 dicembre 2018, ormai datato e non più aderente al contesto operativo attuale, e includere formalmente i revisori nel perimetro della legge sull’equo compenso, richiamando espressamente l’articolo 241 del Tuel.
La decisione della Corte dei conti lombarda apre dunque un varco significativo, ma non sufficiente. Senza un intervento legislativo chiaro e uniforme, la materia rischia di restare affidata a decisioni regionali disomogenee, con inevitabili disparità di trattamento.Un compenso adeguato non è un privilegio per il revisore, ma un presupposto di indipendenza, qualità del controllo e tutela dell’interesse pubblico. Riconoscere il valore economico del lavoro di revisione significa garantire maggiore efficienza e affidabilità alla gestione finanziaria degli enti locali.
La sfida, ora, è trasformare questa apertura giurisprudenziale in una riforma organica che restituisca coerenza, equilibrio e dignità economica a una funzione di controllo essenziale per la tenuta dei conti pubblici.
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