Irap e incarichi di sindaco o revisore: imposta dovuta se i compensi sono imputati allo studio associato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27352 del 2025, ha chiarito un principio importante in tema di Irap: l’imposta regionale sulle attività produttive è dovuta se i compensi derivanti da incarichi di sindaco, revisore legale, componente di organismi di vigilanza o consulente tecnico sono stati fiscalmente attribuiti allo studio professionale associato di cui il professionista fa parte.

Il caso: il rimborso negato

Uno studio associato di commercialisti aveva chiesto il rimborso dell’Irap versata per gli anni 2013-2016, sostenendo che le prestazioni rese dai singoli professionisti – incarichi di sindaco, revisore, membro di OdV o consulente tecnico – fossero state svolte a titolo personale e non in forma associata.

L’Agenzia delle Entrate aveva rigettato l’istanza, rilevando che le prestazioni erano state fatturate dallo studio e che i compensi erano confluiti nella contabilità associata. Dopo un primo rigetto in Commissione tributaria provinciale e un successivo accoglimento in Ctr, la vicenda è giunta in Cassazione, che ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria.

La posizione della Cassazione

I giudici di legittimità hanno ribadito che, anche se le attività di revisione o vigilanza sono svolte personalmente dai singoli professionisti, la circostanza che i relativi compensi siano incassati dallo studio associato è sufficiente a configurare l’esercizio in forma collettiva della professione.

In altre parole, il fatto che l’attività sia organizzata attraverso lo studio associato, che ne gestisce la struttura, i mezzi e la fatturazione, rende automaticamente applicabile l’Irap, senza necessità di ulteriori verifiche sull’autonoma organizzazione.

La Cassazione ha inoltre richiamato un principio già consolidato: quando le diverse attività professionali (come consulenza, revisione, incarichi societari o perizie) risultano unitariamente gestite e non scorporabili, l’imposta si applica sull’intero volume di compensi, a meno che il contribuente non dimostri concretamente l’esercizio separato di una parte dell’attività.

Il principio ribadito

Secondo la Suprema Corte, l’esercizio di una professione in forma associata o societaria rappresenta ex lege un presupposto dell’Irap, poiché l’organizzazione è insita nella forma collettiva di esercizio. Spetta dunque al contribuente provare il contrario, dimostrando che determinate attività sono state svolte in modo individuale, al di fuori della struttura organizzativa dello studio.

Nel caso di specie, poiché lo studio associato aveva fatturato e incassato i compensi per gli incarichi di sindaco e revisore, non era possibile riconoscere alcun rimborso.

Implicazioni per i professionisti

La decisione della Cassazione conferma che, per i revisori legali, sindaci e componenti di OdV, l’inquadramento fiscale dell’attività dipende da come vengono gestiti e contabilizzati i compensi:

  • se la prestazione è svolta nell’ambito dello studio associato, con utilizzo della sua struttura e fatturazione collettiva, l’Irap è dovuta;
  • solo in presenza di autonoma partita Iva e gestione separata, il professionista potrà invocare l’esclusione dal tributo.

In definitiva, la pronuncia riafferma l’importanza di una chiara separazione organizzativa e contabile tra attività personali e attività riconducibili allo studio, per evitare che ogni compenso, anche individuale, sia attratto nell’ambito impositivo dell’associazione professionale.

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