Con l’entrata in vigore del decreto attuativo del 9 luglio 2025, che ha reso operativo l’articolo 7-bis del D.Lgs. 128/2015, prende forma anche per le Pmi il regime opzionale del Tax Control Framework (TCF). L’obiettivo è estendere i vantaggi della cooperative compliance anche alle imprese con fatturato inferiore ai 100 milioni di euro, introducendo un sistema strutturato di rilevazione, misurazione e gestione dei rischi fiscali.
Il ruolo dei controlli interni e del sistema a tre linee
Il decreto conferma la necessità di un assetto di controllo a tre livelli, mutuato dalle grandi imprese:
- Prima linea: gestione operativa dei rischi fiscali all’interno dei processi aziendali.
- Seconda linea: funzioni di controllo interno con presidi specifici sulla fiscalità.
- Terza linea: attività indipendente di assurance, che include la certificazione del TCF da parte di professionisti qualificati.
Per i revisori e i collegi sindacali questo scenario si traduce in un ampliamento del perimetro di vigilanza: non basta più verificare la correttezza contabile e la regolare tenuta della contabilità, ma occorre valutare la coerenza e l’effettiva applicazione del modello di gestione dei rischi fiscali.
Vantaggi e criticità per le imprese
L’adesione al TCF comporta benefici significativi:
- disapplicazione delle sanzioni amministrative per rischi preventivamente comunicati tramite interpello;
- non punibilità penale per fatti collegati a elementi attivi comunicati all’Amministrazione finanziaria, salvo condotte fraudolente.
Tuttavia, l’onere organizzativo è rilevante, specie per le imprese di minori dimensioni, che raramente adottano modelli strutturati di risk management. Da qui, la richiesta di semplificazioni e incentivi, anche fiscali, per favorire l’adozione del sistema.
Certificazione e continuità dei requisiti
Il TCF deve essere certificato da professionisti qualificati con cadenza triennale, mentre l’opzione ha una validità biennale e si rinnova automaticamente. Questo comporta un delicato coordinamento: la mancata certificazione aggiornata può far decadere i requisiti, con conseguente perdita dei benefici. È un punto sul quale revisori e collegi sindacali dovranno mantenere particolare attenzione, segnalando tempestivamente eventuali criticità all’organo amministrativo.
Implicazioni per revisori e collegi sindacali
La novità rappresenta un cambio di prospettiva:
- occorre presidiare non solo i rischi contabili, ma anche i rischi fiscali derivanti dall’interpretazione delle norme e dall’applicazione dei principi contabili;
- sarà necessario integrare le procedure di revisione con test di conformità sui processi interni e sulla mappa dei rischi fiscali predisposta dall’impresa;
- il collegio sindacale dovrà vigilare che l’adozione del TCF non resti un mero adempimento formale, ma diventi parte integrante dell’assetto organizzativo e amministrativo previsto dall’art. 2086 c.c.
Il Tax Control Framework segna un passo decisivo verso la diffusione, anche tra le Pmi, di una cultura della compliance fiscale strutturata e certificata. Per revisori e sindaci si apre un nuovo ambito di responsabilità: non solo garanti della correttezza contabile, ma anche attori chiave nella valutazione e nel monitoraggio dei sistemi di controllo dei rischi fiscali, a tutela della continuità aziendale e della correttezza dei rapporti con l’Amministrazione finanziaria.
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